9 settembre al Lido. Giornata dei diritti umani contro la lapidazione e per la libertà d’espressione


Ahmad Rafat


Domani, giovedì 9 settembre, alle ore 12, nello spazio Cinecittà, sulla terrazza del Hotel Excelsior, si parlerà anche dell’Iran.


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9 settembre al Lido. Giornata dei diritti umani contro la lapidazione e per la libertà d’espressione

Dall’anno scorso, su proposta di Beppe Giulietti, e in collaborazione con Istituto Luce, una giornata della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, mette sotto i riflettori la situazione dei diritti umani. Quest’anno, Giovedì 9 settembre, alle ore 12, nello spazio Cinecittà, sulla terrazza del Hotel Excelsior, si parlerà anche dell’Iran. Si parlerà del regista Jafar Panahi. Il noto e premiatissimo cineasta che pur essendo stato rilasciato dopo quasi tre mesi di reclusione, non ha potuto accompagnare a Venezia il suo cortometraggio “La Fisarmonica”, presentata in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori. Le autorità iraniane hanno impedito a Jafar Panahi di lasciare il paese e recarsi a Venezia.

Al Lido si parlerà anche del caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna azera, madre di un ragazzo di 22 anni e una ragazza di 17, condannata alla lapidazione con l’accusa di aver avuto rapporti extra coniugali. Il caso Sakineh ha commosso il mondo intero. Contro la sua lapidazione si sono schierati personaggi politici, artisti, scienziati e scrittori. Anche la vincitrice dell’ultimo Premio Campiello, Michera Murgia, ha dedicato il prestigioso premio a Sakineh. 9 settembre porteranno la loro testimonianza e la loro solidarietà a Sakineh, registi, giornalisti e politici.
Sajad, figlio di Sakineh ha lanciato nelle ultime ore un grido di allarme. La sentenza potrebbe essere eseguita senza preavviso all’alba di una di queste giorni. Del resto, in altre occasioni, proprio mentre era in corso una campagna internazionale contro la pena di morte in Iran, alcuni minorenni sono finiti sulla forca.

L’impiccagione e la lapidazione fa parte degli strumenti che il governo della Repubblica Islamica utilizza per lanciare le sue sfide al mondo e all’opinione pubblica internazionale. Bisogna alzare ancora di più la voce ed intervenire con più fermezza nei confronti della Repubblica Islamica per fermare le pietre che vogliono uccidere Sakineh. Non bisogna cedere alle pressioni della Repubblica Islamica e reagire alle minacce dei media iraniani controllati dal regime. In queste ore, dopo le volgari accuse alla first lady francese, la stampa controllata da Mahmoud Ahmadinejad e Ayatollah Ali Khamenei, hanno preso di mira l’Italia, attaccando il governo per aver deciso di affiggere una gigantografia di Sakineh sulla facciata della Galleria Alberto Sordi di Roma, e minacciando di boicottaggio informativo la Roma, dopo che il capitano della squadra della capitale ha fatto deporre un mazzo di rose davanti alla gigantografia di Sakineh fissata sulla facciata di Campidoglio.

La vita di Sakineh appesa a un filo, ma non solo la sua. Altre 15 persone nella Repubblica Islamica sono state condannate con sentenza definitiva alla lapidazione. Tre nuove condanne a morte sono state emesse negli ultimi giorni nei confronti di altrettanti partecipanti alle manifestazioni dell’anno scorso. Una  blogger e attivista dei diritti umani, Shiva Nazar Ahari è stata accusata di “moharebeh”, cioè “inimicizia con Allah”. Reato, quest’ultimo, punibile con l’impiccagione. La repressione in Iran raramente ha raggiunto livelli degli ultimi mesi. Non solo arresti, carcere, tortura e condanne a morte, ma anche una censura così forte da costringere ad una disoccupazione forzata decine di registi, giornalisti, autori ed scrittori. Molti noti registi del cinema iraniano come Abbas Kiarostami, Mohsen Makhmalbaf, Amir Naderi, Bahman Ghobadi, Samira Makhmalbaf e Babak Payami hanno dovuto trasferirsi all’estero per continuare a lavorare. Altri come Jafar Panahi e Mohammad Rasulof, sono rimasti in Iran, ma costretti al silenzio e spesso ospiti delle patrie galere. La situazione è peggiore per quanto riguarda la stampa e i giornalisti. Negli ultimi 12 mesi oltre cento giornalisti hanno scelto la vita dell’esilio e altrettanti sono in carcere o in attesa di giudizio.

Un quadro drammatico e allarmante, quello iraniano, davanti al quale non si può rimanere indifferenti. Salvare la vita a Sakineh, chiedere la libertà dei prigionieri di coscienza e il rispetto dei diritti umani, e del diritto alla libertà d’espressione e della fede, è un dovere. Un dovere che deve sancito nella Costituzione della Repubblica Italiana, che deve vedere uniti tutte le forze politiche e sociale del paese, sostenitori della coalizione che governa il paese o appartenenti al fronte dell’opposizione.

Fonte: Articolo21

6 settembre 2010

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