8 ottobre: Il pacifismo della ragione


La redazione


Incontro mercoledì 8 ottobre nella sede del circolo Roma Pd Centro Storico, in via dei Giubbonari. Flavio Lotti: “Dobbiamo strappare il discorso sulla pace dalla palude dell’ipocrisia, della retorica e del buonismo. La Perugia Assisi è importante solo se diventa parte di un impegno continuo, maturo e concreto.”


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Domenica 19 ottobre, 53 anni dopo, decine di migliaia di persone daranno vita alla ventesima Marcia per la pace Perugia-Assisi. La pace è in pericolo ma fatichiamo a credere a Papa Francesco quando ripete che “forse siamo nella terza guerra mondiale”.

A dargli ragione Il più accurato rapporto sulle guerre nel mondo, compiuto dall’Institute for Economics and Peace prendendo in esame 162 nazioni. Appena 11 di esse non risultano coinvolte in una guerra. La lista delle “oasi pacifiche”, oltre alla Svizzera include Giappone, Qatar, Mauritius, Uruguay, Cile, Botswana, Costa Rica, Vietnam, Panama e Brasile. Perché non vi appaiono i paesi membri dell’Unione europea, che non sono sconvolti da conflitti armati? Perché le classifiche misurano anche il coinvolgimento diretto o indiretto in guerre lontane dai propri confini.

Il criterio che definisce la vera pace, quindi, è la non partecipazione «a qualsiasi controversia tra governi e territori, con il ricorso alle armi, che abbia fatto almeno 25 morti in un anno ». Stati membri della Nato che partecipino ad operazioni in Afghanistan, o anche a missioni d’interposizione sotto l’egida Onu, sono in qualche modo coinvolti nei conflitti. Inoltre l’Iep misura quella forma di partecipazione alla guerra che sono le vendite di armi. Da questo punto di vista perfino la Svizzera perde punti. Tra le poche eccezioni veramente virtuose c’è il Costa Rica che ha abolito le forze armate. Tra i paesi in stato di guerra vengono inclusi ovviamente anche casi come la Corea del Nord: lì non c’è una guerra guerreggiata, ma l’intera nazione vive sotto il terrore di un conflitto imminente, che serve a giustificare una delle dittature più feroci della storia.

I miliziani dello Stato Islamico dovevano diventare un vero “Stato”, e glielo abbiamo concesso. È la tesi espressa da Lucio Caracciolo e Alberto Negri ai margini di una tavola rotonda organizzata da Ispi dal titolo Lo Stato islamico nel mirino: quali sfide? “La cosa singolare è che si tratta di uno schema che vediamo ripetersi da tempo”, », commenta il direttore di Limes, rivista di geopolitica di grande prestigio. È’ successo con la guerra in Afghanistan dopo l’11 settembre, con l’Iraq, con la Libia. Non ancora in Siria. Si lancia l’allarme mediatico. Segue una reazione retorica. Si chiude con un intervento militare Ma in questo modo una minaccia che non era tale (nel caso di Isis si tratta di 35.000 uomini massimo), lo diventa in pieno. Tanto da coinvolgere una coalizione di 40 Paesi».

Nessuno nega, ovviamente, la violenza delle azioni compiute dai miliziani dell’Isis, osservano Caracciolo e Negri. Ma gli jihadisti dello Stato Islamico non sono gli unici a violare o ad aver violato in passato i diritti umani, eppure non sempre l’Occidente è intervenuto. Mentre gli jihadisti decapitavano due ostaggi occidentali, nello stesso mese di agosto 2014 l’Arabia Saudita applicava la sentenza di morte per decapitazione a 23 persone, nel rigido rispetto delle leggi islamiche imposto dall’interpretazione Wahabita dell’Islam, cui la casa regnante dei Saud fa riferimento.

Gli esempi dell’arbitrio con cui le democrazie occidentali scelgono di intervenire contro le violazioni dei diritti umani sono innumerevoli. Non richiedevano forse un intervento occidentale le violenze commesse nella guerra Iraq-Iran negli anni Ottanta, quando studenti venivano sacrificati per sminare campi minati? Perché nessuno interviene oggi in Qatar, Paese che finanzia il terrorismo? Non fanno forse orrore i 2100 morti a Gaza nel solo mese di agosto, dopo il fallimento di un anno di negoziati di John Kerry tra Israele e Palestina?»

Quella che un altro Papa chiamò “un’inutile strage” continua nel mondo a cento anni di distanza dalla prima guerra mondiale. “Come è possibile questo? – si chiedeva davanti al sacrario di Redipuglia Papa Bergoglio. La sua risposta sembra non lasciare spazio ai teorici/teologi della “guerra giusta”. “E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”.

Dice Flavio Lotti: Dobbiamo strappare il discorso sulla pace dalla palude dell’ipocrisia, della retorica e del buonismo. Il discorso sulla pace si va facendo ogni giorno terribilmente più serio e non possiamo dare alcun alibi a chi vuole continuare a nascondere la propria inazione o complicità dietro un muro di belle parole e di qualche gesto inconcludente. Non basta dire “Pace, Pace,…” scrisse un giorno padre Ernesto Balducci. Vale per tutti. Anche per quelli che si dicono “pacifisti” ma è solo un modo come un altro per fare i propri interessi. La pace è una cosa seria e, se non vogliamo piangerne la scomparsa, dobbiamo prenderla sul serio. La Giornata della Pace, le marce, le manifestazioni, la Perugia Assisi sono importanti solo se diventano parte di un impegno continuo, maturo e concreto.

MERCOLEDI 8 OTTOBRE – ALLE ORE 19

nella sede del circolo Roma Pd Centro Storico, in via dei Giubbonari

 ci confronteremo su questi temi. Interverranno

FLAVIO LOTTI  –  coordinatore della Tavola della Pace e organizzatore della marcia della pace Perugia Assisi

ANDREA MANCIULLI  ( vice presidente della commissione esteri alla Camera dei deputati, Il 14 maggio 2014 è stato eletto Presidente della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO, di cui era già vicepresidente)

RICCARDO AGOSTINI, CONSIGLIERE REGIONALE PD, ha proposto di recente una Marcia della Pace da tenersi a Roma.

Introdurrà e modererà il dibattito: FERNANDO CANCEDDA (giornalista e blogger, fa parte del direttivo del Circolo Roma PD centro storico)

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