30 marzo 2012, la Giornata della Terra porta il mondo in Palestina
Cecilia Dalla Negra - www.osservatorioiraq.it
È la Giornata della Terra palestinese, commemorata ogni anno il 30 marzo, che con una marcia globale tenta di far arrivare la Palestina nel mondo, e il mondo in Palestina.
Era primavera, e le autorità israeliane procedevano alla confisca di migliaia di ettari di terra palestinese, in Galilea.
Le manifestazioni per rivendicarne la liberazione erano state organizzate rapidamente: scioperi, dimostrazioni di massa e proteste si ripetevano da giorni, represse con la violenza dalle forze di occupazione.
Il 30 marzo sulla folla si apriva il fuoco: sei manifestanti palestinesi venivano uccisi, centinaia feriti, picchiati e arrestati. Era il 1976. Ma da allora, in Palestina, se lo scenario non è cambiato. Se lo ha fatto, è stato solo per peggiorare.
Le manifestazioni nonviolente contro la confisca delle terre continuano nei villaggi dei Territori Occupati, dove gli alberi vengono sradicati per fare posto al Muro, le case demolite per costruire nuove colonie illegali. La repressione armata e violenta dell’esercito è una costante che non fa notizia, il 30 marzo come ogni altro giorno dell’anno.
Ma dal 1976 quella data si è fatta ricorrenza, e in Palestina si celebra la Giornata della Terra.
Un momento che non serve solo a ricordare le vittime della violenza israeliana, ma anche per lanciare un messaggio che sia capace di superare i confini: raccontare il sopruso e l’abuso che calpesta la terra, la occupa, la snatura, rendendo prigionieri i suoi abitanti.
Un messaggio, lanciato oggi dalla terra occupata della Palestina, a cui in migliaia hanno risposto: attivisti, sostenitori, simpatizzanti e organizzazioni, singoli individui che stanno riempiendo le pagine virtuali del web con foto che fanno il giro dei social network.
“In solidarity with Land Day” l’immagine, che arriva dagli Stati Uniti o dall’Indonesia, dalla Cina o da Milano, per far sapere che la Giornata della Terra sarà ricordata. Ed è lì, e in tanti altri paesi, che oltre un milione di persone si prepara a mettersi in cammino.
È la Global March to Jerusalem, che scende per le strade di tutto il mondo diretta a Gerusalemme – fisicamente, o almeno idealmente – contro “il regime di apartheid israeliano” e per la fine dell’occupazione. Un’iniziativa nata in rete, accompagnata durante tutto l’inverno da incontri preparatori fino ad arrivare alla data di domani.
Tantissimi i paesi (64) e le organizzazioni che la sostengono (700) ma una sola la richiesta, come si legge sul sito ufficiale della Marcia: “Fine dell’occupazione e delle politiche israeliane di apartheid, di pulizia etnica e di giudaizzazione che colpiscono il popolo palestinese”.
Lo spezzone asiatico della marcia è partito già da una settimana e, diretto in Turchia, ha raggiunto l’Iran, accusato dalle autorità israeliane di essere l’organizzatore occulto di questo evento.
Quatto invece le carovane mediorientali: si preparano a manifestare in Libano, dove la ricorrenza è particolarmente sentita nei campi profughi in cui ancora vivono, dal 1948, migliaia di rifugiati palestinesi costretti all’esilio, e dove le tensioni al confine con Israele non sono una novità.
Le altre manifestazioni partiranno da Giordania e Siria, dove i dimostranti cercheranno di toccare i propri confini, e dall’Egitto, nel tentativo di arrivare a Gaza via Rafah. Anche qui la popolazione, sigillata nell'assedio, manifesterà per la Giornata della Terra come ogni anno.
Pronti a scendere in strada e ad aspettare l’arrivo delle carovane anche in Palestina: a Gerusalemme, dove manifesteranno i palestinesi che hanno accesso alla città, e nei Territori Occupati: da Betlemme a Ramallah passando per tutti i villaggi dei Comitati popolari di resistenza nonviolenta.
E per chi non ha avuto modo di mettersi in cammino ci sono gli appuntamenti lanciati in tutte le principali città del mondo davanti alle ambasciate israeliane: previsto un sit- in anche a Roma, organizzato dal basso sulla spinta del movimento “Jasmine Revolution” a cui hanno aderito sigle, gruppi e associazioni, che nella capitale si sono date appuntamento alle 18 di domani per collegarsi, nel corso della giornata, con la popolazione di Gaza.
“Stop the Palestinian Apartheid” lo slogan lanciato per l’evento, in cui si sottolinea l’importanza di manifestare per la difesa della terra e della popolazione in Palestina anche sui propri territori.
Perché la terra è terra, ovunque essa si trovi, e ci sono molti modi di occuparla e calpestarla, piegandola ad interessi individuali e facendo proprio con la forza un bene collettivo. Che sia con una linea ferroviaria, attraverso il controllo mafioso o con un esercito di occupazione. La Palestina, diceva Vittorio Arrigoni, può essere anche sotto casa.
Fonte: http://www.osservatorioiraq.it
28 Marzo 2012