2012, l’anno peggiore per i giornalisti secondo Rsf
Articolo 21
L’anno 2012 si è rivelato particolarmente cruento e ha registrato un aumento del 33% rispetto al 2011 del numero di giornalisti assassinati nel corso dell’esercizio delle proprie funzioni.
L’anno 2012 si è rivelato particolarmente cruento e ha registrato un aumento del 33% rispetto al 2011 del numero di giornalisti assassinati nel corso dell’esercizio delle proprie funzioni. Le zone maggiormente interessate sono il Medio Oriente e il Nord Africa (26 morti), seguono l’Asia (24 morti) e l’Africa sub sahariana (21 morti).
Il continente americano è l’unico a registrare un calo – seppure relativo – del numero di giornalisti assassinati durante lo svolgimento dell’attività professionale (15 morti).
88 giornalisti uccisi (+33%)
879 giornalisti arrestati/fermati
1.993 giornalisti aggrediti o minacciati
38 giornalisti rapiti
73 giornalisti costretti ad abbandonare il proprio Paese
6 collaboratori dei media uccisi
47 net-cittadini e cittadini-giornalisti uccisi
144 blogger e net-cittadini arrestati
193 giornalisti incarcerati
Il bilancio non è mai stato così negativo dal 1995. In questi ultimi anni, il numero di giornalisti assassinati è cresciuto fino a raggiungere i 67 morti nel 2011, 58 nel 2010, 75 nel 2009. Nel 2007, si era registrato un picco storico con 87 professionisti dei media assassinati, uno in meno di quest’anno. Gli 88 giornalisti che hanno perso la vita nel corso del 2012 sono stati vittime della copertura di conflitti o attentati, oppure assassinati per mano di gruppi legati alla criminalità organizzata (mafia, narcotraffico, ecc.), di milizie islamiche o per ordine di ufficiali corrotti.
“Il numero straordinariamente alto di giornalisti assassinati nel corso del 2012 è in prima istanza imputabile al conflitto in atto in Siria, ai disordini in Somalia e alla violenza talebana in Pakistan. L’impunità di cui godono gli autori degli abusi incoraggia la violazione dei diritti umani, in particolare della libertà di informazione” ha detto Christophe Deloire, segretario generale di Reporter senza frontiere.
Gli attacchi vengono perpetrati ai danni degli attori dell’informazione in senso ampio. Oltre agli 88 giornalisti assassinati, i cittadini-giornalisti e i liberi cittadini vengono colpiti in pieno (47 morti nel 2012, 5 nel 2011), in particolare in Siria. Questi uomini e queste donne praticano la professione di reporter, fotografi o registi con il fine di documentare la quotidianità e la repressione. Senza la loro azione, il regime siriano potrebbe imporre un black out dell’informazione in alcune regioni e continuare il massacro a porte chiuse.
Reporter senza frontiere snocciola queste cifre basandosi su dati precisi, raccolti nel corso dell’anno grazie all’attività di monitoraggio delle violazioni sulla libertà di informazione. Questi numeri comprendono i giornalisti e i net-cittadini assassinati nell’ambito del loro lavoro. Report senza frontiere non ha preso in esame i giornalisti o i net-cittadini assassinati nell’ambito strettamente politico o militante, in ogni caso senza alcun collegamento con il lavoro sull’informazione.
Altri casi, per i quali l’organizzazione non è ancora in grado di pronunciarsi, sono al vaglio.
Nonostante l’adozione della risoluzione 1738 del 2006 da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che sottolinea la necessità di proteggere i giornalisti in zone pericolose, la violenza contro i giornalisti, soprattutto l’uccisione di giornalisti, continua ad essere una delle più grandi minacce alla libertà di espressione.
Siria – cimitero per fornitori di notizie
Almeno 17 giornalisti, 44 cittadini-giornalisti e 4 collaboratori dei media sono stati uccisi nel 2012.
La sanguinosa repressione di Bashar Al-Assad in Siria ha colpito duramente fi ornitori di notizie, perché sono i testimoni indesiderati delle atrocità commesse da un regime con le spalle al muro. I giornalisti sono stati presi di mira anche da parte di gruppi armati di opposizione, che sono sempre più intolleranti alla critica e pronti a definire i giornalisti come spie se non riflettono il loro parere. A causa della polarizzazione delle fonti d’informazione, la manipolazione notizie, la propaganda, i vincoli tecnici e la violenza estrema a cui sono esposti i giornalisti ei cittadini-giornalisti, chiunque cerchi di raccogliere o diffondere notizie e informazioni in Siria ha bisogno di essere sostenuto da un vero senso di vocazione.
Anno nero per la Somalia
18 giornalisti uccisi nel 2012 in questo paese del Corno d’Africa
Nel 2012 sono stati uccisi in Somalia il doppio dei giornalisti rispetto al 2009. La seconda metà del mese di settembre è stata particolarmente sanguinosa con sette giornalisti uccisi, due dei quali nello spazio di 24 ore, uno ucciso, l’altro decapitato. La maggior parte sono vittime di omicidi mirati o di bombardamenti. I responsabili di questa violenza sono o milizie armate come Al-Shebaab o funzionari governativi locali che vogliono mettere a tacere le fonti di stampa. I giornalisti somali sono oggetti dei vincoli più spaventosi sia nella capitale Mogadiscio che nel resto del paese. La mancanza di un governo stabile in questo stato negli ultimi 20 anni, la violenza endemica e l’impunità generalizzata contribuiscono al triste bilancio delle vittime.
Pakistan, un giornalista ucciso ogni mese
10 giornalisti e 1 assistente dei media uccisi nel 2012 – un campo minato per i media a causa della violenza endemica nelle rappresaglie tra Balochistan e Talebani
Dieci giornalisti sono stati uccisi in Pakistan per il secondo anno consecutivo – quasi uno al mese da febbraio 2010. Il paese al mondo più letale per i giornalisti dal 2009 al 2011 e il Balochistan continua ad essere una delle regioni più pericolose del mondo. Con le sue aree tribali, il suo confine con l’Afghanistan, la sua tensione con l’India e la sua storica caotica politica, il Pakistan è uno dei paesi più complessi del mondo da raccontare. Le minacce terroristiche, la violenza poliziesca, i potentati locali con poteri illimitati e i conflitti pericolosi nelle aree tribali costituiscono ostacoli spesso mortali nei percorsi dei giornalisti.
Giornalisti presi di mira da parte della criminalità organizzata in Messico
6 giornalisti uccisi
La violenza del Messico, che è cresciuta in modo esponenziale durante l’offensiva federale contro i cartelli della droga degli ultimi sei anni, ha come obiettivo i giornalisti che osano parlare del traffico di droga, della corruzione, dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel governo locale e federale e della violazioni dei diritti umani da parte di funzionari del governo.
Brasile: dietro le quinte
5 giornalisti uccisi
I trafficanti di droga che operano al confine Paraguay sembrano aver avuto una mano diretta nella morte di due dei cinque giornalisti assassinati in relazione con il loro lavoro in Brasile nel 2012. Entrambi avevano coperto casi di droga. Due delle vittime erano giornalisti bloggers, che spesso scoprono come la minima critica ai funzionari locali può esporli al pericolo.
Le 5 più grandi prigioni del mondo per i giornalisti
Numero record di giornalisti incarcerati, con la Turchia in testa. Mai come oggi il numero dei giornalisti in carcere è stato così alto. Sono almeno 193 ai quali si devono aggiungere 130 net-cittadini.
La Turchia è il carcere con più giornalisti reclusi
Almeno 42 operatori e 4 collaboratori in carcere a causa della loro professione.
Il numero è cresciuto ad un livello mai raggiunto da dopo la fine del regime militare.
Le timide riforme hanno ben poco rallentato il ritmo degli arresti, delle perquisizioni e dei processi nei confronti dei media, più volte giustificati in nome della ”lotta al terrorismo”. Basata su leggi repressive, la pratica giudiziaria è poco rispettosa della liberà di informazione e del diritto ad un processo equo.
Nonostante il nuovo clima è di maggiore intimidazione, i media turchi continuano a manifestare notevole vivacità e pluralismo. Reporter senza frontiere ha recentemente terminato una serie di ricerche durate vari mesi e riguardanti la situazione dei giornalisti reclusi nelle carceri turche. Tra i 70 detenuti, l’organizzazione è riuscita a stabilire che almeno 42 sono stati condannati a causa diretta della loro professione riguardante raccolta e divulgazione di informazioni. Molti altri casi sono ancora in fase di studio..
Assenza di progressi in Cina
30 giornalisti e 69 net-cittadini in carcere
La Cina mantiene stabile da qualche anno il numero dei giornalisti detenuti. La maggior parte delle centinaia di detenuti sono stati condannati a pene severe per “atti sovversivi” o “diffusione di segreti di Stato”. Le condizioni nelle carceri sono difficili. Le autorità locali, molto sensibili alla cattiva pubblicità che può risultare da reportage sulla corruzione o fenomeni di nepotismo, continuano con gli arresti dei giornalisti. Da parte sua, la polizia politica concentra gli sforzi sui militanti della libertà di espressione e sui micro-bloggers sempre più creativi nel tentativo di aggirare la censura.
L’Eritrea, un vero carcere infernale
Almeno 28 i giornalisti reclusi
L’Eirtrea, paese africano con più giornalisti incarcerati, è tagliata fuori dal mondo dopo le grandi retate avvenute nel settembre del 2001 abbinate alla sospensione dell’attività di stampa privata. Nessuno dei 28 giornalisti al momento in carcere ha avuto diritto ad un regolare processo, nessuno ha potuto avvalersi di un avvocato e rari sono coloro che possono ancora ricevere la visita dei familiari. Isolamento, celle sotterranee e pratiche di tortura: queste le condizioni delle carceri eritree. Almeno 7 giornalisti sono morti in prigione, in segreto, o si sono suicidati nella totale indifferenza. Tra le ultime dittature totalitarie del pianeta, all’ultimo posto nella classifica sulla libertà di informazione, l’Eritrea lascia morire uomini e donne perché li ritiene essere delle minacce per la sicurezza nazionale o semplicemente perché hanno uno sguardo critico nei confronti della politica del governo.
L’intolleranza crudele della repubblica dei mullah in Iran
26 giornalisti e 17 cyber cittadini in carcere
Nel 2009, la situazione della libertà di stampa si è deteriorata considerevolmente con la repressione del movimento di protesta che ha seguito la rielezione alla guida del paese di Mahmoud Ahmadinejad. Da allora, il regime procede con arresti regolari di giornalisti che ritiene possano aver superato il limite. Lo stato di salute di alcuni detenuti è molto preoccupante. I prigionieri non sono solo privati della loro libertà ma devono sopportare anche le minacce e le rappresaglie nei confronti dei loro familiari se solo osano parlare con la stampa. Lo stesso accade per coloro che sono stati rilasciati; minacciati e privati del loro diritto a lavorare.
Le prigioni siriane
Almeno 21 giornalisti e 18 net-cittadini ancora in carcere
La repressione in Siria si traduce in morte per giornalisti e professionisti dell’informazione, e gli arresti anche se diminuiti rispetto al 2011, continuano con regolarità. Il numero degli operatori e dei cyber cittadini incarcerati è ancora molto alto, tanto che la Siria rimane tra le cinque più grandi prigioni del mondo per i media. La tortura è una pratica sistematica, le autorità non si fermano di fronte a niente pur di ottenere informazioni dai prigionieri per combattere la rete degli oppositori.
Leggera diminuzione degli arresti e dei sequestri di giornalisti
Ad eccezione per l’Asia e le Americhe, dove i numeri continuano a crescere, nel 2012 si è registrato un leggero calo nei casi di giornalisti arrestati o sequestrati rispetto al 2011, anno in cui i media sono divenuti spesso bersaglio mentre erano impegnati a coprire notizie di manifestazioni e proteste di piazza.
Questo pericolo “sulla strada” è stato particolarmente alto in Siria (51 arresti, 33 aggressioni e 13 sequestri) e seppur in minor misura in Bahrain (18 arresti e 36 aggressioni). Non è facile stabilire una cifra precisa degli arresti tra civili e rappresentanti dei media. I numeri riguardanti la Siria sono probabilmente più alti ma bisogna tener conto delle difficoltà nel reperire informazioni certe.
Gli arresti e le aggressioni sono diminuiti invece in Libia, dopo la caduta di Gheddafi (7 arresti nel 2012, rispetto ai 28 del 2011) e in Egitto dopo la caduta di Mubarak (33 arresti e 66 aggressioni nel 2012, contro i 116 arresti e le 104 aggressioni del 2011). Tuttavia, sono aumentati I casi di minacce e aggressione in Tunisia, dopo la rivoluzione del 2011 che pure è stata più breve e relativamente meno violenta rispetto a quella di altri paesi nella regione. In Oman, le autorità hanno arrestato 30 bloggers nel tentativo di mettere un freno alle proteste ispirate alla Primavera Araba.
Per quanto riguarda l’ America Latina, e rispetto all’anno precedente, a Cuba sono aumentati i casi di persecuzione nei confronti di blogger e giornalisti dissidenti mentre il Peru continua ad avere il triste record di casi di aggressione, circa 100 all’anno. Gli aumenti più significativi riguardano poi Argentina, Brasile e Messico. In Argentina, ciò è dovuto alla crescente polarizzazione; in Brasile alle tensioni elettorali; in Messico ad un livello ancora alto di violenza accompagnato da turbolenze politiche in seguito alle elezioni presidenziali di Luglio. La Colombia è stato l’unico paese a registrare un calo nel numero delle aggressioni fisiche ma non sufficiente da non essere considerate ancora una delle regioni più violente.
India, Bangladesh, Pakistan e Nepal sono i paesi asiatici dove c’è stato un aumento degli abusi. Con un colpo di stato non dichiarato nelle Maldive e con i media e la stampa intera messi a tacere in Sri Lanka, il sub-continente indiano è la regione che ha subito il peggioramento più grave nel 2012. Il Congresso del Partito Comunista Cinese è stato accompagnato da un alto numero di arresti e atti di censura. Molti media stanno cercando di liberarsi dai controlli imposti dal Dipartimento per Propaganda e dalle autorità locali ma il Partito Comunista rifiuta di allentare la presa su questo settore così “strategico”, continuando a inventare nuove azioni di censura.
In Africa il 2012 è stato segnato dalla comparsa di episodi di violazione e abusi nel Mali, specialmente al nord (13 arresti, 8 casi di minacce e aggressione, 2 sequestri e almeno 4 media censurati). Abusi e casi di censura stanno crescendo anche in Nigeria, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan e Somalia. Una calma relativa è tornata invece in Uganda, Malawi ed Angola, paesi che nel 2011 hanno conosciuto le violente repressioni delle contestazioni popolari. Lo stesso vale per la Bielorussia dove il numero degli arresti, 31, è diminuito ad un livello più normale anche se ancora preoccupante e dopo un 2011 segnato da forti proteste e altrettanta violenta repressione. I casi di aggressione sono aumentati invece in Ucraina dove, pur non esistendo un particolare problema di sicurezza, la diffusa impunità consente un certo grado di violenza nei confronti dei giornalisti.
Infine in Turchia, il carcere più grande al mondo per I media, il numero degli arresti è raddoppiato anche a causa delle forti tensioni sul tema scottante della minoranza Kurda.
La violenza riguarda anche il numero ancora alto dei giornalisti costretti a fuggire all’estero: sono stati 73 nel 2012, rispetto ai 77 dell’anno precedente. Come conseguenza della repressione di Assad, la Siria ha superato l’Iran nei casi di coloro che esiliano. Mentre nel solo mese di Settembre, 10 giornalisti sono stati costretti a fuggire dalla Somalia.
Traduzione a cura dei traduttori di Pressenza International Press Agency
tratto da http://rsfitalia.org/
Fonte: www.articolo21.info
2 Gennaio 2013