2 ottobre: Le chiacchiere uccidono come e più delle armi


Flavio Lotti


In occasione della VII Giornata Internazionale della Nonviolenza vi invito a leggere due meditazioni di Papa Francesco che possono essere di grande aiuto. Facciamone tesoro! Ci serviranno per continuare a camminare insieme. Per la pace. In amicizia. Con fiducia, rispetto e lealtà.


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
papafrancesco3

Le chiacchiere uccidono come e più delle armi
PAPA FRANCESCO

Le chiacchiere uccidono come e più delle armi. Su questo concetto Papa Francesco è tornato a parlare questa mattina, venerdì 13 settembre, nella messa celebrata nella cappella di Santa Marta. Commentando le letture del giorno, tratte dalla lettera a Timoteo (1, 1-2.12-14) e dal Vangelo di Luca (6, 39-42), il Pontefice ha posto in evidenza come il Signore, dopo aver proposto nei giorni scorsi atteggiamenti quali la mitezza, l’umiltà e la magnanimità, «oggi ci parla del contrario», ovvero di un «atteggiamento odioso verso il prossimo», quello che si ha quando si diventa «giudici del fratello».

Papa Francesco ha ricordato l’episodio evangelico nel quale Gesù rimprovera colui che pretende di togliere la pagliuzza dall’occhio dell’altro senza vedere la trave che è nel suo. Questo comportamento, il sentirsi perfetti e quindi in grado di giudicare i difetti degli altri, è contrario alla mansuetudine, all’umiltà di cui parla il Signore, «a quella luce che è tanto bella e che è nel perdonare». Gesù, ha evidenziato il Santo Padre, usa «una parola forte: ipocrita». E ha sottolineato: «Quelli che vivono giudicando il prossimo, parlando male del prossimo sono ipocriti. Perché non hanno la forza, il coraggio di guardare ai propri difetti. Il Signore non dice su questo tante parole. Poi, più avanti dirà: colui che ha nel suo cuore l’odio contro il fratello è un omicida. Lo dirà. Anche l’apostolo Giovanni lo dice molto chiaramente nella sua prima lettera: chi odia il fratello cammina nelle tenebre. Chi giudica suo fratello è un omicida». Dunque, ha aggiunto, «ogni volta che giudichiamo i nostri fratelli nel nostro cuore, o peggio quando ne parliamo con gli altri, siamo cristiani omicidi». E questo «non lo dico io, ma lo dice il Signore», ha precisato aggiungendo che «su questo punto non c’è posto per le sfumature: se parli male del fratello uccidi il fratello. E ogni volta che facciamo questo imitiamo il gesto di Caino, il primo omicida».

Ricordando quanto in questi giorni si parli delle guerre che nel mondo provocano vittime, soprattutto tra i bambini e costringono molti a fuggire in cerca di un rifugio, Papa Francesco si è chiesto come sia possibile pensare di avere «il diritto di uccidere» parlando male degli altri, di scatenare «questa guerra quotidiana delle chiacchiere». Infatti, ha detto, «le maldicenze vanno sempre nella direzione della criminalità. Non ci sono maldicenze innocenti. E questo è Vangelo puro». Dunque «in questo tempo che chiediamo tanto la pace è necessario forse un gesto di conversione». E ai “no” contro ogni tipo di arma diciamo «no anche a questa arma» che è la maldicenza perché «è mortale». Citando l’apostolo Giacomo il Papa ha ricordato che la lingua «è per lodare Dio». Ma, ha aggiunto, «quando usiamo la lingua per parlare male del fratello e della sorella la usiamo per uccidere Dio» perché l’immagine di Dio è nel nostro fratello, nella nostra sorella; distruggiamo «quella immagine di Dio».

E c’è anche chi, ha ricordato il Santo Padre, tenta di giustificare tutto questo dicendo «se la merita». A queste persone il Papa ha rivolto un invito preciso: «Vai e prega per lui. Vai e fai penitenza per lei. E poi, se necessario, parla a quella persona che può rimediare al problema. Ma non dirlo a tutti». Paolo, ha aggiunto il Pontefice, «è stato un peccatore forte. E dice di se stesso: prima ero un peccatore, un bestemmiatore, un violento. Ma mi è stata usata misericordia. Forse nessuno di noi bestemmia, forse. Ma se qualcuno di noi spettegola certamente è un persecutore e un violento».

Il Pontefice ha concluso invocando «per noi, per la Chiesa tutta, la grazia, della conversione della criminalità, delle maldicenze nell’umiltà, nella mitezza, nella mansuetudine, nella magnanimità dell’amore verso il prossimo».
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 210, Sab. 14/09/2013)

* * *

I figli della notte seminano zizzania

PAPA FRANCESCO

Tra le insidie del diavolo certamente la maldicenza è una delle più pericolose. Lo ha ripetuto, ancora una volta, Papa Francesco questa mattina, sabato 28 settembre, durante la messa celebrata alla Grotta di Lourdes, nei Giardini Vaticani, in occasione della festa di san Michele, patrono della Gendarmeria. Un’insidia dalla quale è necessario difendere il Vaticano, perché la maldicenza è la lingua del diavolo e in Vaticano è “una lingua vietata”. Essa “divide affinché i fratelli divengano nemici”. E’ la lingua delle “chiacchiere”.

Papa Francesco è dunque tornato a parlare di un argomento che gli sta molto a cuore. Ha preso spunto dalla preghiera iniziale con cui l’Arcangelo è stato invocato “contro le insidie del demonio”, per sottolineare che si tratta di una richiesta di aiuto affinché difenda “da tutto quello che il diavolo semina di notte, perché lui ama il buio, scappa dalla luce”. Una protezione da quella che il Santo Padre ha definito la “fauna del buio”, ovvero da coloro “che approfittano delle tenebre per ingannare e insidiare”.

Un pericolo che riguarda anche chi è chiamato a “difendere la sicurezza di questo Stato”: non solo “dai ladri e dai delinquenti” o da eventuali nemici esterni, anche perché, ha assicurato con una battuta, “Napoleone non tornerà più, né è facile che venga un esercito a prendersi la città”; ma si tratta di difenderla da altri nemici, altrettanto temibili, perché oggi “la guerra, almeno qui, si fa altrimenti. E’ – ha detto – la guerra del buio contro la luce, della notte contro il giorno”; infatti “i figli della notte seminano la zizzania e il loro padrone, il diavolo, lavora con le insidie di questa zizzania”, ha aggiunto richiamando la nota parabola evangelica proclamata durante la liturgia della Parola (Matteo 13, 24-30.37b-43a).

Papa Bergoglio ne è convinto: “Non è una favola, è tanto vero come lo è il fatto che voi siete lì e che io sono qui; è la verità della lotta quotidiana, di ogni giorno, la lotta della Chiesa; la lotta della madre Chiesa”, ben descritta nell’Apocalisse con l’immagine del dragone che vuole distruggere la donna con il figlio.

Poi ha ringraziato i gendarmi per il loro impegno nel “difenderci in questa guerra fra la notte e il giorno, fra il buio e la luce”. Ma è necessario un ulteriore sforzo: “Difendere non solo le porte e le finestre qui del Vaticano, ma difendere dalle insidie del diavolo, come san Michele il vostro patrono. Imitate lui”.

Tra le altre tentazioni che al diavolo piacciono tanto il Papa ha inserito quella contro l’unità. Anche “di quelli che vivono e lavorano in Vaticano”. Perché, “il diavolo cerca di creare la guerra interna, una sorta di guerra civile e spirituale”; una guerra che “non si fa con le armi che noi conosciamo”, ma “si fa con la lingua”. E se “le armi di questa guerra sono le chiacchiere”, il Pontefice ha chiesto di difendersi reciprocamente dalle maldicenze, bandendole dal territorio del piccolo Stato.

“Chiediamo a san Michele di aiutarci in questa guerra: mai parlar male l’uno dell’altro; mai aprire le orecchie alle chiacchiere”. Anzi, Papa Francesco ha invitato a fermare chiunque si dedichi al chiacchiericcio, intimando: “Qui non si può; lì c’è porta di Sant’Anna, va’ fuori e chiacchiera là”. Quindi la conclusione è che “il buon seme”, il “parlare bene l’uno dell’altro” sono bene accetti, mentre il contrario, cioè la zizzania, non lo è.

29 settembre 2013

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento