#17o Contro le diseguaglianze sociali e la miseria
Libera
Sabato 17 ottobre assemblee, reading, incontri, flash mob in tutta Italia, promossi dalle associazioni aderenti alla campagna Miseria ladra.
Domani 17 ottobre la rete di organizzazioni della campagna Miseria Ladra promuove una mobilitazione diffusa su tutto il territorio nazionale in occasione della giornata mondiale per l’eliminazione della povertà, indetta dalle NU nel 1993. Dopo 22 anni da quel solenne impegno, oggi come non mai le diseguaglianze e l’esclusione sociale colpiscono un numero sempre più grande di persone mettendo a rischio coesione sociale e democrazia. In Italia come in tutta Europa si registrano livelli inaccettabili di povertà e diseguaglianze. Nel nostro paese la povertà assoluta negli ultimi sette anni è quasi triplicata, arrivando a colpire 4,5 milioni di cittadini. La povertà relativa è raddoppiata, trascinando in basso quasi 9 milioni di persone. Oltre un milione sono i minori in povertà assoluta, mentre l’11% della popolazione è in condizione di grave deprivazione materiale ed un quarto è a rischio povertà. Gli ultimi dati Svimez fotografano il dramma di una gigantesca questione meridionale: un terzo della popolazione a rischio povertà, caduta del 59,3% degli investimenti dal 2008, disoccupazione giovanile oltre il 60%, dispersione scolastica e reddito medio procapite peggiori del continente, nuova ondata emigratoria che ci riporta ai livelli del 1860. In Europa sono 123 milioni le persone a rischio povertà, 50 milioni nell’indigenza e 26 milioni sono i minori in povertà assoluta. L’1% della popolazione europea ha invece accresciuto le proprie fortune sino ad arrivare a detenere il 33% della ricchezza complessiva. Oggi la povertà non colpisce solo le categorie storicamente più deboli, ma anche chi ha un lavoro, come dimostrano gli oltre 4 milioni di lavoratori poveri del nostro paese, i giovani che sono la generazione con meno diritti della storia del continente, le donne, le famiglie monoparentali, i pensionati, le partite Iva, una fascia enorme dei ceti medi ed i migranti già residenti nei paesi europei. È un fatto ineludibile che ceti popolari e ceti medi abbiano pagato e stiano ancora pagando il prezzo della crisi determinata da un modello economico insostenibile sul piano sociale ed ambientale, ormai al servizio di una finanza criminogena e fuori da qualsiasi controllo democratico. Ma allo stesso tempo non possiamo non considerare come il venir meno delle categorie del novecento e l’esasperata personalizzazione nel quadro politico abbiano determinato un crollo dei valori di riferimento legati ai principi della Costituzione, lasciando senza rappresentanza politica una enorme fetta di società, non solo i più deboli. La questione nuova con cui fare i conti è che la lotta alle diseguaglianze oggi non rappresenta più una priorità della politica. Ma le diseguaglianze non danneggiano solo coloro che hanno a cuore la democrazia ed i suoi valori. Gli ultimi studi dell’OCSE confermano come sia fondamentale contrastarle per rendere più stabile e sana l’economia di un paese. Un aumento del Pil non rappresenta quindi di per se un miglioramento delle condizioni materiali di chi sta peggio, non serve a ridurre le diseguaglianze ed a rendere sana l’economia se non si investe sulle politiche sociali e sul sostegno al reddito. In tutta Europa è evidente invece la connessione tra diseguaglianze e condizionamento politico. Più si concentrano le ricchezze in poche mani e maggiore è la capacità di influenzare e dominare i processi decisionali da cui scaturiscono le norme che rispecchiano gli interessi dei più forti. La concentrazione della ricchezza è direttamente proporzionale al potere di influenzare i processi decisionali, mentre chi sta in povertà e vulnerabilità oggi non ha nessuna voce che sia capace di chiedere politiche più eque, diritti e pari opportunità, come sostiene l’ultimo rapporto sulle diseguaglianze in Europa di Oxfam. La conseguenza è l’istituzionalizzazione delle grandi ricchezze e della dilagante povertà. Vi è un altro elemento sul quale occorre prendere coscienza: il potere delle lobby ha determinato una relazione strettissima tra politica ed affari, segnalata come il fattore più importante nell’aumento della corruzione. Negli ultimi 3 anni i rapporti internazionali sulla trasparenza hanno denunciato come solo la Slovenia abbia messo in campo una normativa appena sufficiente a garantire trasparenza e parità di accesso. Il “condizionamento politico” è la principale causa non solo della corruzione ma dell’allontanamento dalla partecipazione attiva dei cittadini. Il 70% degli italiani secondo le ricerche fatte dalla ong Trasparency percepisce i governi come dominati dagli interessi dei più forti. La conseguenza pratica è che negli anni della crisi le scelte fatte hanno rispecchiato gli interessi economici e finanziari delle elite invece che quelli della popolazione, aumentando a dismisura le diseguaglianze. Questo spiega perché le politiche di austerità hanno colpito così duramente i ceti più deboli ed i ceti medi senza toccare le grandi ricchezze, che hanno visto aumentare il loro patrimonio, mentre si sono tagliate le risorse per welfare e diritti sociali. In Italia i miliardari sono triplicati, così come i milioni di cittadini in povertà. I più deboli da noi hanno pagato e continuano a pagare di più. Le cause sono un sistema fiscale iniquo; il patto di stabilità che impedisce di dare la priorità ai diritti sociali in nome delle compatibilità finanziarie delegittimando il ruolo fondamentale degli enti locali; l’assenza di una misura universale di sostegno al reddito; l’assenza dei livelli minimi di assistenza sociale; le privatizzazioni dei servizi basici; un welfare depotenziato ed ancorato ad un modello “familistico corporativo” incentrato sulla famiglia a discapito dell’intervento pubblico che ha dato risposte non omogenee sul territorio, rafforzando invece una cultura patriarcale che scarica sulle donne il ruolo di cura e protezione; il taglio negli ultimi 7 anni del 58% del fondo nazionale per le politiche sociali; l’attacco al sistema della contrattazione collettiva e l’assenza di una politica industriale legata ai settori ad alta intensità lavorativa ed alla riconversione ecologica; l’intreccio tra politica, affari e mafie che ha sottratto risorse e chiuso spazi di innovazione sociale. Dinanzi a questo quadro sono due le misure che continuiamo a proporre da molto tempo e che rilanceremo domani con forza in tutti le regioni del Paese: 1) una buona legge per garantire un Reddito di Dignità così da rendere effettivo anche nel nostro paese un diritto sociale fondamentale costituzionalizzato attraverso l’articolo 34 della Carta Europea; 2) il rifinanziamento del fondo per le politiche sociale e per la non autosufficienza ai livelli del 2007, definendo i livelli essenziali di assistenza a livello nazionale. Due misure che darebbero immediatamente una risposta a 9 milioni di persone che non possono più aspettare e rilancerebbero l’economia del nostro paese. Questa urgenza, la necessità di restituire voce a quanti è stata negata e la speranza del cambiamento sono i motivi che mettono insieme centinaia di realtà provenienti da mondi diversi, ma unite dall’impegno affidatori dall’articolo 3 della nostra Costituzione.
Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale campagna Miseria Ladra
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