14 novembre, sciopero generale europeo: studenti in piazza
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Una generazione che non si arrende a disoccupazione e precarietà, che vuole cambiare la scuola, per costruire un’altra società in Europa e nel mondo.
Anche questa volta il bollettino ISTAT relativo alla disoccupazione non porta buone notizie, ma ormai è un classico, un appuntamento fisso che ritocca in negativo ogni record precedentemente stabilito.
Questa volta ad essere sfondato è il muro relativo alla disoccupazione che ha raggiunto la cifra più alta degli ultimi 20 anni, 2 milioni e 774mila unità, ovvero il 10,8% della popolazione italiana.
Ancora una volta i dati parlano chiaro: continua a crescere la disoccupazione giovanile che ha raggiunto un tasso a settembre del 35,1%, in aumento di 1,3 punti percentuali su agosto e di 4,7 punti su base annua, una situazione da considerarsi ancor più disastrosa per le donne e in generale per chi risiede nel mezzogiorno.
Il dato più preoccupante che ci segnala l’Istat, però, è che il ritmo di crescita annuo della disoccupazione giovanile è triplo rispetto a quello complessivo.
Ormai questi numeri appaiono desolanti, quasi come leggere una sorta di “bollettino di guerra” in cui vengono costantemente uccise le prospettive di miglioramento di vita di centinaia di migliaia di persone nonché le aspirazioni delle nostra generazione.
La disoccupazione fa il paio con la precarietà che non si sostanzia solo nelle forme contrattuali atipiche, che pure ne rappresentano un elemento di conferma inequivocabile; essa si manifesta ogni giorno come un male latente e logorante nella vita, ad esempio, di studentesse e studenti privi di capacità reddituale propria. É la precarietà esistenziale, condizione materiale e psicologica tristemente propria oggi di milioni di persone nel nostro paese un numero insostenibile, che delinea i contorni di una crisi generazionale senza precedenti.
Una crisi che oltre ai danni riserva anche odiose beffe rappresentate dalla retorica paternalista e dalle vergognose esternazioni che sovente esponenti di questo Governo riservano alla gioventù di questo paese. Ci sembra folle che l’unico modo individuato da questo esecutivo per risolvere questa drammatica situazione in cui versa il paese e un’intera generazione sia quello di eliminare le tutele per i cosiddetti “garantiti” che altro non sono che i nostri genitori sui quali oggi proprio a causa della distruzione di quel poco di welfare state fin troppo familistico nel nostro paese pesa il mantenimento proprio della nostra generazione.
Le risposte a questa nostra drammatica condizione non le vediamo, non crediamo di essere dei “choosy” come ci ha definito il ministro Fornero quando pretendiamo un futuro diverso, quando chiediamo l’eliminazione delle 46 forme contrattuali atipiche, quando pretendiamo un reddito di cittadinanza per tutte e tutti che ci permetta una real autonomia sociale.
Malgrado tutto questo siamo una generazione che non si arrende per questo il 10 novembre saremo a Firenze per la prima assemblea di lancio di una grande iniziativa contro la precarietà e per dare una speranza di futuro ai giovani di questo paese, a partire dall’appello “Io voglio restare” tanti precari, studenti, lavoratori autonomi, partite iva, lavoratori dello spettacolo, dottorandi si sono riuniti per lanciare una speranza di cambiamento che parli di welfare, saperi, reddito ma soprattutto di alternative alla fuga per una generazione che non vuole fuggire.
Siamo una generazione a cui hanno tolto ogni speranza di futuro, ma una cosa é certa: non abbiamo paura di continuare a lottare per riprenderci tutto e dopo un ottobre caratterizzato da una forte mobilitazione in scuole e università siamo pronti a ripartire verso il 14 novembre quando, in concomitanza agli scioperi generali in Spagna, Portogallo, Grecia saremo in piazza per esprimere un no secco alle politiche di austerity imposte dall’Unione Europea, contro un debito creato da quei pochi che hanno vissuto al di sopra delle nostre possibilità, rivendicando il diritto al reddito per tutti e tutte e la liberazione dei Saperi da tutte le logiche di privatizzazione e aziendalizzazione.
Fonte: www.retedellaconoscenza.it
2 novembre 2012